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Gomorra: il crimine non è "creato" dalla fiction
Gomorra: il crimine non è "creato" dalla fiction
  21/12/2017 - alessandro

Una rappresentazione ingenua della realtà, che sta circolando in queste ore, vorrebbe che la fiction, la narrazione, sia responsabile del fenomeno criminale delle "stese" che sta affligendo il territorio di Napoli e della Campania.

Qualcuno tra i rappresentanti delle Istituzioni, senza misurare le proprie parole e con un disinvolto aggiramento delle proprie responsabilità, si è spinto persino ad accusare Roberto Saviano, autore del libro "#Gomorra" da cui è tratta la serie TV, di aver addirittura creato le condizioni per l'emulazione di questi comportamenti devianti.

 

È complicato stabilire se queste idee siano frutto di ingenuità, oppure di fenomeni di diniego rispetto a una realtà che si è impotenti a modificare. Il diniego onnipotente funziona esattamente in questo modo: un meccanismo di difesa psicologico che consente di negare, censurare quella verità che è troppo dolorosa da accettare. Da sempre in questi territori è difficile affrontare la realtà, specialmente  - a quanto pare - per lo Stato e per le Istituzioni, che quando non colludono, latitano, o assistono indolenti. Viene anche il sospetto che un ribaltamento dell'ordine logico-causale così evidente, da parte dei rappresentanti delle Istituzioni, possa essere una inconsapevole menzogna utile ad alleggerire i propri sensi di colpa.

 

Questi fenomeni di violenza gratuita, anche non predatoria, a #Napoli esistono da sempre e dare un nome alle cose (#stese), non significa crearle, bensì semplicemente tratteggiarne lo sfondo archetipico dal quale traggono origine. Il racconto, il film, la narrazione del crimine, può tratteggiare e definire dei personaggi e può finanche strutturarsi, in una relazione circolare, quale fonte d'ispirazione stilistica. I corleonesi de "Il Padrino" suggerirono davvero uno stile ai mafiosi dell'epoca: ma quelli erano già mafiosi, non certo bravi ragazzi di campagna. 

Certo è più rassicurante immaginare che bande di quindicenni armati, animati da una rabbia acefala, si siano materializzati dalle scene di un film, piuttosto che accettare che siano figli partoriti, allevati e educati da genitori reali che abitano le nostre città del mezzogiorno.

 

(Nell'immagine: intervista ad Alessandro Raggi dal quotidiano "ROMA" del 21.12.2017)