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Anoressia e Bulimia, nuove forme del sintomo nella società contemporanea

Sintesi dell'intervento del dr. Alessandro Raggi, psicologo psicoterapeuta psicoanalista

 

II° Congresso Nazionale su Medicina e Società

Napoli, Sala Baroni del Maschio Angioino, 14.09.2013

 

In questo intervento, per forza di cose conciso dati i tempi ristretti, ci occuperemo dell'aspetto sociale di Anoressia e Bulimia.

 

Anoressia e Bulimia possono essere infatti letti come sintomi dell'individuo ma anche come sintomi di quello che i filosofi tedeschi chiamavano zeitgeist, "lo spirito del tempo".

 

Dal punto di vista individuale: sono sintomi e non sindromi, seppure nei manuali diagnostici siano classificati come tali, e su questo ormai converge praticamente tutta la letteratura e la clinica psicoanalitica.

 

Anoressia e bulimia infatti andrebbero sempre declinate al plurale come insegna Massimo Recalcati: esistono dunque le anoressiche e le bulimiche. L'aspetto stereotipato, l'apparenza standardizzata della loro manifestazione sintomatica non deve infatti trarre in inganno il clinico che ha invece bisogno di risalire alla radice di questi disagi attraverso una attenta valutazione diagnostica differenziale degli elementi di personalità. Come ha insegnato peraltro la clinica delle tossicomanie, che ha introdotto anni addietro il concetto di "doppia diagnosi".

 

Anoressie e Bulimie, e così tutto il resto delle numerose varianti nosografiche dei cosiddetti DCA, fanno parte di un unico universo, alla cui base è un profondo disagio di natura psicologica. Io aggiungo psicosociale.

 

Queste manifestazioni paradossalmente intaccano il corpo ma con il corpo non hanno nulla a che vedere.

Sono sintomi spesso privi di una reale domanda di cura. La domanda proviene da parte dei familiari, spesso dei genitori, poiché il sintomo con le sue conseguenze sul corpo è vissuto come egosintonico da parte del soggetto, e può essere percepito così anche per lunghi anni. Portano allora in se il paradosso di presentarsi come pertanto come un sintomo senza domanda di cura da parte del paziente ma con una domanda di cura - da parte dei genitori o dei familiari - che di contro sono senza sintomo.

 

L'aspetto della rimozione del desiderio inconscio, l'istintività del Principio di Piacere, come spinta pulsionale non compatibile con il principio di Realtà imposto dal Super Io normativo non funziona più con queste patologie. Ecco perché nel loro trattamento e nella cura non possiamo utilizzare rigidamente principi e prassi psicoanalitiche. Il Super Io è una metafora freudiana di natura non ontologica, ma prevalentemente relazionale e dunque strutturante culturalmente. Il sintomo non è più un compromesso, di natura simbolica, tra il desiderio inconscio e la realtà, la norma sociale. Ecco perché parliamo di sintomi non simbolizzanti per tutte le nuove sintomatologie contemporanee: bulimie, anoressie, ludopatie, attacchi di panico, tossicomanie.

 

Il Reale arriva al soggetto senza più filtri. Il Super Io normativo è snaturato ed è ora caratterizzato da un imperativo differente dal divieto classico del secolo scorso, ora pretende una sola cosa: "Tu devi godere!". Il principio di realtà dell'individuo è oggi strutturato su una società che non ha più i divieti e i tabù del secolo scorso. Viviamo in un mondo, quello nostro occidentale dove il valore principale è il consumo immediato. 

 

Siamo nell'era del Turboconsumo come lo ha definito il filosofo Gilles Lipovetsky. L'epoca ipermoderna, ove tutto è a portata di click, dove i Miti sono diventati mitemi: comete accecanti che però svaniscono senza lasciare più alcuna traccia. Pier Paolo Pasolini diceva: "il potere moderno non vuole sudditi ma liberi consumatori!". Tutto è diventato consumabile, immediato, tutto ci appare come "dovuto": una bella casa, frigo, automobile, smartphone, persino la salute – l'idea della morte non fa più parte della nostra cultura. Non siamo più in grado di rinunciare a nulla. Il desiderio invece diviene tale quando contempla la frustrazione della pulsione: la creatività nasce dalla frustrazione di un desiderio. Al desiderio si è sostituito il godimento, il passaggio all'atto immediato, il pensiero desiderante è stato abolito dall'azione di godimento. Il gesto compulsivo di godimento spegne il processo del desiderio. In questo il godimento sfrenato non è liberatorio per il soggetto, ma altamente repressivo, perché sganciato da dalla dimensione erotica, è alienante, ripetitivo, stereotipato.

 

Per questi motivi, Anoressie, Bulimie, Dipendenze, sono patologie del soggetto, ma anche sintomi di questo tipo di civiltà. Entrambi intendono godere in maniera indefinita a compensazione di un vuoto desolante; solo che una (l'anoressica) vuole tutto e si sottrae a questa pretesa rifiutando tutto – l'altra (la bulimica) cede all'impulso dettato dalla ricerca di godimento totale e s'ingozza di tutto per poi vomitare tutto e ricominciare il ciclo.

 

La psiche è un fatto sociale, non individuale – troppi sinora sono stati i danni prodotti da una psicologia incentrata esclusivamente sull'individuo. Jung parlava di inconscio collettivo già molti anni fa – inconscio collettivo – non è un concetto metafisico, ma la Cultura, Il Pubblico, Il Linguaggio; ossia quelle forme e manifestazioni della Struttura sociale nella quale Lacan dice "siamo a bagno" che a sua volta ci struttura psicologicamente. L'identità dell'individuo non è data naturalmente, essa è una conquista culturale. Essa è il frutto del riconoscimento da parte dell'Altro, è un fatto sociale. Se da piccolo gli altri mi dicono che sono incapace, la mia identità sarà quella di un incapace. Anche tra gli adulti avviene lo stesso e la mia identità si rafforza e si indebolisce in funzione del mio riconoscimento da parte della società. L'identità si struttura sempre in relazione allo sguardo dell'altro. Ecco perché l'individuo senza Società è nulla.

 

Per questo i nostri primi psicologi sono i politici, i rappresentanti delle nostre istituzioni. Molte patologie dell'individuo nascono da patologie della società – e allora abbiamo voglia di rimediare con lo psicologo a scuola, in ambulatorio, lo psicologo del territorio ecc.. – ma questi sono tutti espedienti, sicuramente molto utili, ma che non affrontano, né tantomeno risolvono, il malessere psicologico della società contemporanea alla sua radice.