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Psicologia e conseguenze psicofisiche del Mobbing

Il mobbing è un fenomeno psicosociale e si presenta come tipo specifico di molestia, esercitata da soggetti definiti "mobbers" nei luoghi di lavoro ed ha come vittima il personale dipendente, al fine di impedire o ostacolare pesantemente lo svolgimento del lavoro di uno o più dei membri della comunità lavorativa.
Il mobbing, ovvero le vessazioni e le angherie protratte nel tempo verso un dipendente sul luogo di lavoro, può avere conseguenze molto pesanti sull'individuo che ne è vittima.

 

Il termine "Mobbing" deriva dall'inglese "to mob" (in italiano: assediare, circondare) e venne introdotto nel 1971 dall'etologo Konrad Lorenz per rappresentare una tipologia di comportamenti osservabili nel mondo animale, tesi ad escludere un membro dal gruppo. Nel tempo e sino ai giorni nostri, questo termine ha assunto il significato attuale.
Pur non essendovi ancora una legge specifica, la giurisprudenza italiana si è espressa già varie volte nel definire cosa sia esattamente il mobbing e quali debbano essere le condizioni perché si possa stabilire esattamente (almeno dal punto di vista legale) se c'è stato o meno mobbing. È essenziale questa precisazione, poiché le conseguenze del mobbing possono essere attribuite alla causa solo se questa viene individuata con precisione e ben definita. Si può, infatti, parlare di mobbing solo se le angherie si sono protratte nel tempo in modo sistematico e continuo.

Dott. Alessandro Raggi

Si possono avere differenti tipologie di mobbing, le principali sono:


mobbing orizzontale: quando sono i colleghi di pari livello, in gruppo e tacitamente in accordo tra loro, a mettere in atto azioni vessatorie più o meno esplicite nei confronti del collega;


mobbing verticale: quando i soprusi e le prepotenze sono attuate da soggetti posti in una posizione gerarchicamente superiore a quella del soggetto interessato (capi, manager, datori di lavoro, dirigenti);
Esiste inoltre una forma di mobbing altrettanto subdola, che viene ad essere esercitata dai lavoratori, coalizzatisi in gruppo, ai danni del loro superiore diretto, chiamata "mobbing ascendente".

 

I comportamenti che possono caratterizzare queste forme di mobbing, a titolo esemplificativo e secondo i dati ufficiali dell'INAIL, possono consistere in:

 

  • inattività forzata
  • mancata assegnazione dei compiti lavorativi
  • marginalizzazione
  • svuotamento delle mansioni
  • mancata assegnazione degli strumenti di lavoro
  • ripetuti trasferimenti ingiustificati
  • attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi
  • attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto
  • impedimento sistematico e strutturale all'accesso a notizie
  • esclusione dalle iniziative formative
  • eccesso di controllo
  • accanimento nell'utilizzo di metodi correttivi e provvedimenti disciplinari senza ragioni sufficientemente motivate

 

Si crea in pratica un clima ostile, di vero e proprio "terrore psicologico" nei confronti della vittima, spesso oggetto di scherno, derisione, maldicenze e pettegolezzi. Quest'insieme di atteggiamenti reiterati nel tempo conduce il soggetto a un lento ma progressivo isolamento dal gruppo di lavoro, che si conclude solitamente con l'emarginazione totale della vittima.

Dott. Alessandro Raggi

Le conseguenze del mobbing, come accennato, possono essere molto gravi e riguardare tutta la dimensione psicofisica e relazionale dell'individuo che ne è stato vittima. Il mobbing è stato per questo riconosciuto come malattia professionale dall'INAIL ed è indennizzabile ai sensi dell'art. 13. del D. Lgs 38/2000. L'effetto diretto del mobbing è lo stress psicofisico prolungato, dovuto all'accettazione, spesso passiva, da parte del lavoratore delle vessazioni imposte. Questo perché il soggetto, spaventato dall'idea di perdere il lavoro, preferisce accettare le molestie piuttosto che reagire a esse, finendo per logorare la propria esistenza a volte anche in modo difficilmente riparabile.

 

I danni da mobbing sono dunque direttamente correlati a un vero e proprio quadro psicopatologico, dove le diagnosi più ricorrenti sono riferibili al Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), oltre a Disturbo d'Adattamento, Disturbi d'Ansia e Depressione. I tentativi della vittima di sottrarsi alle angherie evitandole o subendole, lo precipitano solitamente nell'isolamento più totale e ne erodono le capacità di risposta al punto da renderlo sempre meno produttivo.

L'epilogo del mobbing prolungato, consiste normalmente nel licenziamento del lavoratore, ma nei casi più gravi l'individuo è spinto sino al suicidio.

 

I sintomi psicofisici possono andare dalla demotivazione, all'inappetenza, ai disturbi del sonno, sino a sintomi fisici molto seri come: disturbi cardiocircolatori, disturbi intestinali (gastriti, ulcere) e cefalee.

 

Paradossalmente la vittima vive tutta questa situazione con un forte senso di colpa sino a sentirsi direttamente responsabile di ciò che sta accadendo nella sua vita lavorativa, senza più riuscire a distinguere e analizzare la realtà con obiettività e lucidità. Il lavoratore crede di essere stato lui, con il suo comportamento, causa delle azioni vessatorie da parte degli altri. A questo si aggiungono sentimenti di vergogna, di umiliazione e d'impotenza. È fondamentale conoscere questo meccanismo, perché le vittime non riescono spesso a riconoscersi come tali e hanno bisogno di un aiuto esterno, da parte di familiari o amici per essere indotte a chiedere la consulenza di uno specialista che possa supportarli nel far chiarezza su quanto stanno vivendo.

Dott. Alessandro Raggi

I segnali che i familiari dovrebbero riuscire a notare riguardano alcuni cambiamenti nei comportamenti del congiunto che possono manifestarsi con: picchi di aggressività, sbalzi d'umore improvvisi e immotivati, ritiro dalle attività sociali e relazionali, calo della libido e del desiderio sessuale, abuso di alcool o di farmaci, ricorso a droghe, iperfagia o inappetenza.

 

Riconoscere questi sintomi da mobbing nel proprio familiare, può essere decisivo, poiché non di rado le vittime del mobbing, frenate dal senso di colpa e dalla vergogna dal chiedere aiuto, o anche solo dall'immaginare di essere delle vittime, giungono a compromettere seriamente le loro relazioni affettive e sociali. Sono numerosi i casi in cui, a seguito di mobbing, nelle famiglie vi sono stati prima litigi, poi separazioni e divorzi.

 

Per questo, l'iter diagnostico dei casi di Mobbing, prevede una serie di specifici passi che vanno dalla diagnosi alla valutazione del danno, che per i motivi sopra specificati può arrivare a contemplare anche il cosiddetto "danno esistenziale".

 

Le figure principali per la diagnosi e il trattamento dei danni da mobbing sono lo psicologo e lo psicoterapeuta. Questo perché i danni da mobbing e la conseguente terapia non sono legati solo ai sintomi specifici, ma riguardano tutta la condizione di vita dell'individuo nel suo complesso. Altre figure di riferimento, nel trattare i casi di mobbing sono i medici, gli psichiatri e i legali.


Psicologo e Psicoterapeuta oltre a svolgere un ruolo indispensabile in tutti gli aspetti diagnostico anamnestici del mobbing, sono essenziali nel trattamento delle conseguenze del mobbing e delle eventuali sindromi a esso correlate, possono avere anche il compito, di sostenere psicologicamente il soggetto che decida di chiedere l'assistenza di un legale.

 

Se c'è il sospetto di essere vittima di mobbing o che lo sia un familiare, la cosa migliore da fare è comunque chiedere aiuto.

Ci si può rivolgere anche al proprio medico di base in prima istanza, ad un sindacato, o all'ASL di riferimento. Nelle principali province italiane sono stati, infatti, istituiti degli appositi centri anti-mobbing all'interno delle ASL.